28 ottobre 2003 - Conferenza stampa
"Love Actually"
Intervista a Richard Curtis e Hugh Grant
di Valerio Salvi


Alcuni incontri nascono sotto una buona stella, altri meno. Questo aveva tutta l'aria di una caotica kermesse sin dall'inizio: poco tempo, un nugolo di giornalisti, e non tutti di cinema, ed un parterre piuttosto ampio.
Il regista Richard Curtis accompagnato dagli interpreti Hugh Grant, Heike Makatsch, Alan Rickman e Lucia Moniz affollano la sala dell'hotel Hassler di Roma. Curtis tende subito a puntualizzare che la scelta di un film così particolare, soprattutto per l'argomento trattato: l'amore, è stata maturata in contrapposizione alle numerose pellicole di stampo violento. Un sentimento così comune, ma allo stesso tempo così fondamentale nella nostra società, viene sempre ghettizzato e spesso accusato di essere banale. Non è così. Avendo avuto la fortuna di aver avuto una vita felice ed aver assaporato queste sensazioni, è naturale volerle riproporre sul grande schermo.

Dal canto suo Hugh Grant - peraltro affollato da varie domande piuttosto futili sulla cura della sua "bellissima" persona - ha ribadito che preferisce i ruoli della commedia a quelli drammatici e lavorare con Curtis lo stimola sempre. Anche la possibilità di interpretare un ruolo come quello del Primo Ministro non è una cosa da tutti i giorni e nonostante le ovvie perplessità iniziali si è molto divertito, anche nella "terribile" scena del ballo (una delle più riuscite in verità - n.d.a.). Certo è che nella realtà, avendo come modelli Caligola e Nerone, gli inglesi non avrebbero vita facile con un Primo Ministro così.
Se è vero che all'inizio della sua carriera Grant avrebbe facilmente accettato qualunque ruolo, purché pagato, ora i suoi metri di scelta sono cambiati e può permettersi anche di rifiutare le pellicole che non sono di suo gradimento, come quelle pagate poco o senza belle donne, ad esempio.
Scherzi a parte Grant ci è sembrato in grandissima forma e anche se continua a ripetere di voler smettere di recitare, ormai lo fa soltanto per mantenere anche nella vita il suo personaggio.

Tornando alla sceneggiatura del film un pò facile, all'interno degli stereotipi che affollano la pellicola, sembrerebbe mancare soltanto la figura della coppia gay, invece scopriamo che non è così. Curtis aveva previsto anche questo, ma in fase di montaggio ha optato per l'eliminazione di questa storia insieme a molti altri tagli resi necessari dalla lunghezza decisamente eccessiva del girato (5 ore!).
Insomma questa volta il "marchio Curtis" è stato apposto su una pellicola leggermente diversa, ma con momenti esilaranti, vedremo cosa ne penserà il pubblico.

  

Intervista a Richard Curtis e Hugh Grant


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