26 ottobre 2002 - Conferenza stampa
Woody Allen
Intervista al regista del film
"Hollywood Ending"

di Valerio Salvi


Woody Allen sbarca a Roma e decide di inaugurare il nuovo ambizioso hotel "ES", nei pressi della stazione termini. Calati in un atmosfera new age con un arredamento all'insegna della filosofia feng-shui incontriamo il "piccolo grande uomo" (non Dustin Hoffman) che ci confida di aver vinto la sua ritrosia al presenzialismo sia per far felice la moglie, che ama girare l'Europa, sia, soprattutto per venire incontro ai distributori. In un momento molto difficile del cinema in cui i buoni film sono pochi e corrono molti rischi al botteghino, gli è sembrato quanto meno doveroso dare il suo supporto per la pubblicità delle sue pellicole e per la distribuzione. "Sarebbe facile per me dire: queste cose non le faccio!" - aggiunge Allen - "Ma trovo che non sarebbe giusto, è una questione di senso di responsabilità".
Allen, come di consueto ha curato tutti gli aspetti del film, sceneggiatura, regia e recitazione, ma qui a Roma si proporrà anche nella veste di musicista; suonerà infatti con la usa band al Campidoglio domenica sera. In questa sua poliedricità ha comunque un'assoluta certezza: l'essere scrittore. "La mia passione è scrivere dei soggetti, trovarmi poi dietro la macchina da presa diventa una necessità per non vedere la mia opera stravolta dalla visione di un'altra persona. Come attore poi non ne parliamo, in effetti io non sono un vero attore, sono me stesso, posso essere divertente, ma non sono assolutamente in grado di modificare la mia essenza a fini cinematografici come un Jack Nicholson o un Dustin Hoffman." La regia riveste dunque un ruolo importante solo in relazione allo script. Allen è peraltro uno dei convinti assertori della teoria che ogni regista debba girare per se stesso e non per gli altri. Per far si che un'opera sia "vera", non bisogna piegarsi né alle necessità del botteghino, né a compromessi per il pubblico. Registi come Kurosawa o Fellini hanno fatto dei film che erano il frutto della loro mente senza porsi alcun problema, poi se al pubblico piace diventerà un successo, altrimenti no, ma in ogni caso si potrà parlare di "arte". D'altronde ci sono autori per il grande pubblico, tipo Dickens, ed altri riservati ad una più stretta cerchia di persone, come Elliot o Joyce.


  

Intervista a Woody Allen

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