Sole a catinelle

"Sole a catinelle"

Intervista al regista e al cast.


di Mirko Lomuscio29 Ottobre 2013



"Io voglio che tu sia pronta per quando lui arriva. Lo capisci?". "Ma lui chi, Checco?". "Il successo mamma, il successo".
Con questo scambio di battute, in "Cado dalle nubi" (2009), apriva la carriera cinematografica di Checco Zalone, che ha poi veramente trovato il successo, infrangendo ogni record d'incassi grazie ai quindici milioni di euro guadagnati da quel film d'esordio e, soprattutto, ai quarantasei milioni di euro fruttati dal seguente "Che bella giornata" (2011).
Stiamo parlando, quindi, di quello che, forse, è il fenomeno più redditizio del recente botteghino italiano, ora nuovamente sullo schermo in "Sole a catinelle", diretto dallo stesso Gennaro Nunziante già occupatosi delle prime due pellicole.
Un lungometraggio che, ancora una volta, cerca di mantenere lo spirito che ha provveduto a trasformare il cantante-comico di "Zelig" nel beniamino di molti spettatori odierni, in questo caso - affiancato da Miriam Dalmazio e Aurore Erguy - nei panni di un padre in crisi lavorativa che cerca di far felice l'amato figlio.
In occasione dell'uscita in sala, prevista per il 31 ottobre con oltre 1200 copie distribuite da Medusa, regista, cast e il produttore Pietro Valsecchi hanno incontrato a Roma la stampa.



Checco, hai mai pensato di fare una carriera internazionale?
Checco Zalone: Non conosco bene l'inglese, ma è il sogno di tutti portare all'estero un proprio prodotto. Mi sta dicendo il produttore che non sarei capace di farlo (ride).

C'è una grande attesa per questo film. Come definiresti il tuo protagonista?
Checco Zalone: L'idea di interpretare un padre di famiglia ha spronato me e il regista. L'idea era quella di interpretare un uomo prodotto di vent'anni di berlusconismo, ma senza puntare contro di lui il dito, si tratta soltanto di un individuo che ci ha creduto.

Quale è il rapporto tra te e Gennaro Nunziante?
Checco Zalone: Ormai siamo una coppia di fatto. Facciamo tutto assieme da nove anni, ma non ci baciamo perché ci facciamo schifo (ride).

Come mai siete diventati più buonisti rispetto al passato?
Checco Zalone: Forse perché stavolta non erano in rilievo temi seri come quelli trattati nei film precedenti. La prossima volta sarò serissimo.

Avete pensato a correttivi per ripetere il successo o avete improvvisato?
Pietro Valsecchi: Ci sono voluti due anni per azzeccare la storia giusta. Con Checco ho scommesso sul successo di questo film; chi perde deve una vacanza e una cena all'altro.

Come ci si trova a lavorare con Zalone?
Miriam Dalmazio: Per me è stato il primo film al cinema e non è stato male esordire con un campione di incassi. E' stato molto formativo, duro, ma mi sono molto divertita, nonostante l'ansia non mancasse durante la lavorazione.
Aurore Erguy: Mi sento fortunata, anche perché il mio italiano non è perfetto. Il film somiglia molto a Checco e Gennaro, perché dentro c'è una voglia di vivere molto bella.

Checco, tu ti aspettavi questo successo?
Checco Zalone: Con la crisi cercare di far ridere è difficile, ora vedremo se la gente coglie questi aspetti. Il successo lo sognavo, ovvio. Però che vuol dire successo? Ora, di punto in bianco, si passa all'insuccesso in un secondo, non si sa mai. Questa mia carriera da comico è partita così, come niente fosse, senza che me lo aspettassi.

Come avete conciliato lo sboccato e il politicamente scorretto, nonostante la presenza del bambino?
Gennaro Nunziante: Abbiamo consultato il Moige. No, scherzo, però dire "sboccato" non è in linea con quello che abbiamo fatto. Per noi è volgare quello che è goffo, fare una commedia scontata, che tratta e affronta i suoi temi con molta goffaggine.

Quale è il segreto del vostro successo?
Checco Zalone: Non abbiamo un segreto. Io e Gennaro ci telefoniamo e si parte da una gag che fa nascere la storia. In "Sole a catinelle" siamo partiti dal bambino muto, da questa sindrome che colpisce alcuni di loro, e da lì abbiamo sviluppato il film.
Gennaro Nunziante: La ricetta era in Italia da molti anni, c'era chi la faceva in un modo, chi in un altro. Noi abbiamo solo pensato che un comico muore quando il ruolo che interpreta racconta una vita che non c'è, che non esiste nella realtà.

Come mai Valsecchi al cinema fa commedie, mentre in tv produce soprattutto drammi?
Pietro Valsecchi: Abbiamo provato con il primo film di Checco e andò bene. Un produttore deve cercare nuovi linguaggi, portare in sala un film è una grandissima responsabilità. Ci sono tante realtà qua e noi, che dobbiamo portare nuove storie, dobbiamo individuare nuovi autori. Il produttore deve sempre rischiare.

Quanto è costato il film?
Pietro Valsecchi: Otto milioni di euro e rotti.

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