Scopriamo insieme Cortinametraggio 2.0, giorno 5!

Scopriamo insieme Cortinametraggio 2.0, giorno 5!

Ecco gli ultimi corti presentati a Cortinametraggio 2.0 dal 23 al 28 marzo 2020


di Rosanna Donato03 aprile 202012:15



Si è concluso Cortinametraggio 2.0, il Festival di corti più importante d’Italia, che ha ottenuta una media di 50.000 visualizzazioni durante le dirette in streaming sul sito ufficiale e sulla piattaforma televisiva online Canale Europa. A presentare le cinque serate del Festival sono stati Anna Ferzetti e Roberto Ciufoli. Vediamo insieme gli ultimi corti in programma: “Don Gino” di Salvatore Sclafani, “Osuba” di Federico Marsicano, “Maria - a chent’annos” di Giovanni Battista Origo, “Anne” di Stefano Malchiodi e “Inverno” di Giulio Mastromauro, vincitore del David di Donatello per il Miglior cortometraggio.

Don Gino
“Don Gino" di Salvatore Sclafani è una satira grottesca e sopra le righe che vede protagonista un boss mafioso, che scoprendo l’omosessualità del proprio figlio, si ritrova a dover scegliere se rinnegarlo o distruggere per sempre la propria reputazione. Nel cast Salvatore Sclafani Senior, Maziar Firozi, Jacopo Cavallaro, Benedetto Raneli, Fabrizio Pizzuto, Giovanni Mineo, Roberto Pepoli.
Non c’è pace per i boss! Oltre alle questioni “lavorative” da risolvere, Don Gino scopre che il figlio è omosessuale. Cosa è più importante? L’amore per il proprio figlio o il rispetto degli altri? Scopriamo nel corto che pure i boss hanno un cuore: se inizialmente Don Gino non si fa scrupoli all’idea di uccidere un uomo il cui figlio ha un orientamento sessuale differente da ciò che lui crede essere la normalità, in seguito, dopo la scoperta che il giovane ha una relazione con suo figlio, decide di mettere da parte la propria reputazione per il suo amore incondizionato. Adesso? Smetteranno di rispettarlo? Sorprende invece la reazione dei suoi uomini, coloro che fanno il lavoro sporco per lui. Si scopre infatti che molti di loro sono omosessuali, ma temevano di essere uccisi da Don Gino. A cosa può portare la paura? A sopprimere i propri sentimenti, a nasconderli. Ciò che colpisce nel corto è il modo in cui tutto ciò viene messo in luce con pochi cambi di scena, ben mirati, e un’interpretazione magistrale del protagonista, dai cui sguardi emerge quanto sia combattuto per la situazione: da una parte non vuole svelare che il figlio sia omosessuale, dall’altro non sa come giustificare la scelta di non uccidere il padre del giovane gay e di conseguenza il fidanzato del proprio figlio. A rendere il progetto interessante e in parte divertente, grazie appunto al dilemma che affligge il personaggio principale e alla paradossale situazione che si presenta dopo aver svelato il segreto a tutti, dove improvvisamente si dicono tutti dell’altra sponda, e nella scena conclusiva, è una colonna sonora suggestiva e adatta al contesto e una fotografia prevalentemente cupa.

Osuba
“Osuba” di Federico Marsicano che parla di violenza alle donne. Quando l’amore diventa malato e le donne sono colpite non ci sono soluzioni perché il mondo possa migliorare. Osuba racconta in maniera non convenzionale un problema sempre più attuale. Nel cast Chiara Condelli, Mirko Dalla Zanna, Marta Nobili, Giulia Petrini, Giulia Pirrone, Chiara Protani, Annalisa Tancini.
Il corto racconta una storia di violenza in un modo non convenzionale: invece di vedere un susseguirsi di azioni in ordine cronologico, ciò che viene mostrata è la storia a partire dal finale, per poi andare a ritroso e rendere partecipe lo spettatore di come tutto è iniziato. Nonostante all’inizio non sia immediato capire cosa stia accadendo, andando avanti lungo questi 5 minuti di visione ci rendiamo conto della geniale idea di fondo del regista: il corto infatti mantiene l’attenzione dello spettatore per tutto il tempo in quanto quest’ultimo è portato a chiedersi come è andata, principalmente per la curiosità che è propria dell’essere umano. Movimenti di macchina repentini caratterizzano l’intero corto, che si muove su un unico piano sequenza, mettendo in luce attraverso il bianco e nero e la forza espressiva e gestuale dei protagonisti, la paura provata dalle donne vittime di violenza. Il corto sembra voler lanciare un messaggio profondo: fermiamo gli aggressori prima che sia troppo tardi, fin dall’inizio.


Maria - a chent’annos
Tra i cortometraggi in concorso anche “Maria - a chent’annos” di Giovanni Battista Origo. Siamo nel settembre 1943. I due soldati Sante Bacci e Nicola Caputo vengono dimenticati dall’esercito italiano in un luogo remoto sulle coste della Sardegna a causa delle difficoltà di comunicazione radio. Sarà l’intervento di una giovane donna del luogo, a riaccendere le speranze dei due uomini. Nel cast Jacopo Cullin, Noemi Medas, Lia Careddu, Maria Grazia Sughi, Francesco Zaccaro, Emma Medas, Enrico Sorgia.
Un amore per la vita è quello che vede protagonista Maria. Quest’ultima è una giovane donna che durante la Seconda Guerra Mondiale si ritrova sola, senza il suo amato al suo fianco, di cui ormai non ha più alcun ricordo. Quando la donna trova i due soldati, uno dei quali ferito gravemente, li porta nella sua dimora. Tra Maria e Nicola nasce un sentimento più profondo in una sola notte di dialoghi e sguardi. Una luce soffusa nella notte crea un meraviglioso gioco di luci e ombre sui volti dei protagonisti, che mette in mostra l’innocente sentimento, facendone risaltare pure l’imbarazzo di lei, che evidentemente non è più abituata alla presenza di un uomo nella sua vita, e di lui, che cerca di parlarle con una certa difficoltà nel dichiarare il suo interesse. Anni dopo lei non è più una giovane donna: l’età avanza per tutti, ma la memoria di quel giorno in lei è ancora viva. Così, in un momento nostalgico davanti al mare capiamo fino in fondo quanto una persona possa cambiarci la vita e lasciare un segno indelebile nella nostra esistenza, anche a distanza di molti anni.

Anne
“Anne” di Stefano Malchiodi ispirato alla vera storia di James Leininger, un bambino americano che, fin dalla tenera età, mostrava di avere ricordi di una vita passata. Incredibilmente molti di questi ricordi sembravano combaciare con le vicende di un personaggio realmente esistito: il pilota di aviazione James Huston II, morto durante la battaglia di Iwo Jima nel 1945. Starà al padre del piccolo James, convinto che quelle del figlio non siano solo fantasie, capire cosa si nasconde dietro a quei ricordi così vividi. Nel cast Filippo Croce, Alberto Paradossi, Rossella Caggia, Nicole Petrelli, Ludovico Succio.
Come trovarsi in un dipinto raccontato. Sì, perché “Anne” è un corto realizzato con fotogrammi dipinti composti da colori intensi, quanto la storia narrata. Un incubo ricorrente segna la vita del piccolo James Leininger, i cui genitori cercano aiuto in uno psicanalista. Il bambino vede e sente cose realmente accadute a qualcuno di cui non sa nulla. Il regista Stefano Malchiodi, mescolando sapientemente materiali d’archivio con scene ricostruite e fotogrammi dipinti, riesce a far emergere il disagio vissuto dal bambino, unito a quello dell’aviatore James Huston II durante la guerra. Non c’è retorica nel racconto la storia e si viaggia attraverso un arco spazio-temporale in una maniera non convenzionale, lontana da tuto ciò che siamo abituati a vedere sul grande schermo, ma capace di rendere chiara la storia che si vuole raccontare. A emozionare è l’incontro tra il bambino e la sorella del pilota morto in combattimento e una canzoncina che riecheggia per tutta la durata del corto, che diventa simbolo della memoria del giovane aviatore. Un abbraccio finale, sentito, vero come pochi, tra il piccolo e la donna anziana, che dimostra quanto sia forte l’amore e la volontà di tenere fede a una promessa: “ritornerò”.

Inverno
“Inverno” di Giulio Mastromauro, vincitore del David di Donatello per il Miglior cortometraggio, racconta la storia di Timo, un bambino che vive in una comunità di giostrai. È inverno: la stagione più dura per loro. Non solo perché fa freddo, ma anche perché accade un evento drammatico che segna la vita di tutta la famiglia: la morte della madre. Ecco che l’inverno diventa metafora del dolore vissuto dal bambino. La storia è autobiografica il regista Giulio Mastromauro perse la madre all’età di sette anni. Cambia solo l’ambientazione. Perché proprio la giostra? La giostra simboleggia la vita, così imprevedibile, gioiosa e talvolta dispettosa e malvagia. Così come l’inverno rappresenta il lato oscuro dell’esistenza, freddo e buio, fermo e incomprensibile: il corto infatti è un viaggio verso la comprensione di quanto successo, che porterà Timo a scoprire, attraverso l’osservazione di ciò che succede attorno a lui, la vita.

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