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Riso amaro

Opinioni presenti: 5
Media Voto: Media Voto: 7.5 (7.5/10)

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ottimo

(10/10) Voto 10di 10

vorrei sottolineare l 'importanza di un film come riso amaro.. ci racconta del nostro passato, della memoria storica, e senza di essa oggi non si costruisce niente di buono. la mangano ha una recitazione notevole, così come francesca, walter, e l'altro. il neorealismo è il capolavoro dei nostri registi. , del nostro cinema, e non va dimenticato. per chi non ama questo film un pò duro, ricordiamo che c'è il neorealismo rosa, con film come Poveri ma belli, Povere ma belle,Poveri milionari, altrettanto famosi in tutto il mondo.



olga maria, 46 anni, roma (RM).




Film "grande"

(8/10) Voto 8di 10

De santis, che all'epoca del film aveva 32 anni, ritrasse con successo l'equivalente italiano di quelle grandi migrazioni contadine che erano state al centro di tanto cinema americano, a cominciare da furore di ford. per realizzare questo affresco di popolo, avvalendosi delle formule del grande spettacolo, de santis si servì di un intrigo poliziesco, nel quale vengono opposti, in un clima quasi western, il sergente-sceriffo vallone, generoso e cavalleresco, e il "vilain" gassman. il personaggio più interessante è tuttavia quello interpretato dalla mangano, non solo per il tratteggio di un carattere inedito nel cinema italiano (la mondina tutto fango e fotoromanzi che si veste e balla con impressionante sex-appeal), ma soprattutto per il messaggio critico che il film le affida: quello che censurava il tipo dei giovani incoscienti, incapaci di comprendere la propria condizione e di lottare accanto ai propri compagni, perchè deviati verso una vita fittizia che li condanna all'annientamento. del tutto estraneo al neorealismo, de santis rivelò tendenze assai produttive sul piano commerciale, molto meno su quelle del rigore artistico e il moralismo della vicenda non ne poté nascondere il limite melodrammatico. riso amaro è un film "grande", con una struttura robusta che tocca il confine dell'epico. il cuore del film è nelle grandi pianure umide del vercellese, dove si dipana un grande racconto sociale, un romanzo che è pieno di passioni autentiche oltre che di autentici drammi sociali.



Giorgio, 56 anni, Vicenza (estero).




Riso Amaro

(8/10) Voto 8di 10

Riso amaro, di Giuseppe De Santis, è generalmente considerato una pietra miliare nella storia del cinema italiano; la pellicola si inserisce nel filone del cinema neorealista, nato nel secondo dopoguerra in Italia. Sebbene questo film non possa essere paragonato ad altri capolavori del genere, merita comunque un pò d'attenzione, se non altro per l'insolita ambientazione, vale a dire le risaie del Vercellese. Alla tragica storia di Silvana (Silvana Mangano), una mondina che si mette in guai seri quando viene sedotta e ingannata da Walter, un ladro senza scrupoli (Vittorio Gassman), fa da sfondo il mondo del lavoro nelle risaie, la fatica, la costanza, la speranza di riscatto che caratterizzavano l'Italia del secondo dopoguerra. Il regista rende protagoniste di questo film le donne, mettendo in risalto la loro voglia di fare e la solidarietà che le accomuna, in un affresco quanto mai realistico e drammatico di una realtà molte volte trascurata. Esse sono legate alle loro tradizioni, ai valori quali la famiglia e l'amore, e, non potendo parlare o distrarsi sul lavoro, esprimevano i loro pensieri con il canto, come si può ben vedere in una delle prime scene del film. Silvana, poi, si ucciderà proprio per il rimorso di aver tradito le sue compagne, che, come lei, avevano tanto sofferto per guadagnare qualcosa: di fatti l'ingenua ragazza aveva accettato di aiutare Walter a rubare tutto il riso che sarebbe dovuto essere distribuito alle mondine. E' interessante notare come il regista abbia reso copartecipi, nel film, il mondo agricolo e "antico" del lavoro, con le nuove suggestioni che arrivavano dall'America; così le mondine, su tutte Silvana, portano collant e leggono riviste come "Gran Hotel", fumano sigarette e ascoltano musica col grammofono: è il ritratto d'un mondo che sta per vivere il cosiddetto "boom economico" degli anni '50, nel quale attaccamento ai valori tradizionali e gusto della novità si mischiano. Il film colpisce più per questi particolari che per la storia in sé, ma tutto sommato la regia è buona ed il risultato raggiunto è interessante. Vittorio Gassman offre un'interpretazione bella e convincente, come sempre.



Irene, 16 anni, Palestrina.




Un po' è vero

(7/10) Voto 7di 10

Il ragazzo di Bergamo ha ragione per certi versi. E' vero, la storia non decolla e l'audio è pessimo, però non bisogna dimenticare la recitazione di una attore come Gassman e la presenza scenica della Mangano. E poi è un film storico per l'introduzione in Italia del piano americano. In fin dei conti non è così male, si poteva certo fare di più ma penso che l'intenzione del regista fosse più quella di presentare una realtà piuttosto che narrare una storia. Merita la visione degli appassionati.



Jacopo, 19 anni, Seveso.




Lasciate perdere

(5/10) Voto 5di 10

Ho comprato la videocassetta VHS di questo vecchio film del 1949, facente parte della collana "Videoteca del secolo" (nientemeno) e raramente ho fatto un acquisto più sbagliato. Il film non decolla mai, passata la prima ora ho dovuto fare una pausa, cosa che di solito mi capita solo con i film molto belli (pausa di riflessione) o molto brutti (pausa anti-abbioccamento). Non credo la vicenda sia nota, quindi la riassumo brevemente. C'è un furfante di mezza tacca, e la sua amante che lo adora. Quando la polizia sta quasi per beccare il furfante, questi riesce a dileguarsi mentre l'amante si rifugia presso la compagnia delle mondine che annualmente si recano nel Vercellese a mondare il riso, con i piedi nell'acqua. Qui la ragazza scopre un mondo più puro e autentico, fatto anche di dura fatica perché no. Le fa compagnia la più avvenente e vivace di quelle donne, la Silvana Mangano nel pieno del suo fascino. Le due fanno pian piano amicizia, si confidano eccetera, finché la Mangano, già spavalda di suo, inizia a vagheggiare di cambiare vita, di fare la signora... Gliene offre l'occasione il vecchio furfante che si fa vivo da quelle parti per nascondersi meglio: egli la circuisce, ne tradisce la fiducia, la induce a tradire le compagne, con lo scopo finale di rubare tutto il riso e magari piantarla in asso una volta fatto il colpo. Intanto l'altra si innamora pudicamente del fidanzato della Mangano. Parti invertite insomma. Il finale sarà tragico, la Mangano prima ammazza il furfante e poi si ammazza anche lei, pazza per il rimorso di aver tradito le compagne e pazza per il suo amore infranto. Che dire, la storia sarebbe anche tosta, peccato che a narrarla ci voleva un William Wyler (quello di Ben-Hur), mica un Giuseppe De Santis qualsiasi. I dialoghi sono piuttosto banali, recitati in maniera melodrammatica e non si odono nemmeno bene, con tutta quella Babele di accenti e dialetti. I personaggi di contorno sono impalpabili e rendono la storia ancor più confusa. L'ambientazione campagnola vorrebbe essere limpidamente realistica ma fa venire solo tristezza. Un film insomma che sarà stato bello 50 anni fa, mentre oggi vale solo come cimelio storico. Lasciate perdere. Ciao.



Fabio, 31 anni, Bergamo di sopra (BG).





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