Gaya
La nuova generazione di cartoni animati fatti con la tecnica del tridimensionale colpisce ancora, stavolta però in Europa. E così, contemporaneamente allo schiacciasassi della Dreamworks "Madagascar" esce "Gaya", una coproduzione spagnola/tedesca/inglese diretta dal britannico Leonard Fritz Krawinkel, e realizzata da un team di 75 esperti in computer animation.

La piccola cittadina di "Gaya" è un posto fantastico in cui governa un sindaco buono e la vita si passa allegramente tra feste e tornei. Quando però le viene rubata la "dalamite", una piccola pietra capace di dare energia a tutto la zona, la situazione diventa drammatica, e così sei piccoli Goyani se ne mettono alla ricerca. L'indagine li porta in nuovo mondo: quello reale. "Gaya" infatti non è altro che un programma televisivo di cui loro sono stati per anni i protagonisti...

Quello di Gaya è un mondo fantasy. Questa piccola cittadina popolata da omini dalle orecchie orizzontali, non può che ricordare la fantasia di Tolkien e del suo "Signore degli anelli". Ricorre poi anche qui l'espediente della compagnia che va in viaggio "tutti per uno, uno per tutti", così come le soluzioni "estetiche " scelte per la rappresentazione della cittadina, che sembra proprio il paese di Frodo e degli altri Hobbit. Il vero limite della pellicola è, comunque sia, il ritmo. Fin dalle prime scene la narrazione procede compassata, come se non la stessimo vedendo, ma ci fosse letta da un libro. Succede così che le situazioni comiche non facciano ridere, i paesaggi non affascinino, e le belle musiche del Premio Oscar Michael Kamen (che nel frattempo è morto) risultino fuori contesto. Che non si diverta il genitore lo si mette sempre in conto (seppur gli ultimi cartoni animati stiano smentendo sempre più quest'idea), ma qui il rischio è che pure il bambino si annoi. Rimane la morale della favola: l'importanza del libero arbitrio e la televisione ammazza cultura di oggi.

Curiosità: la voce della principessa Alanta, che nella versione italiana appartiene a Natalia Estrada, in quella originale è dell'attrice inglese Emily Watson, che fra poco sentiremo anche nel cartone animato (non uno qualsiasi): "La sposa cadavere" di Tim Burton. Che abbia abdicato alla carriera recitativa?

La frase: "Tutto quello che voglio è un bacio. Ma se lei mi guarda così male, non troverò mai il coraggio di chiederglielo".

Andrea D'Addio

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