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Autore Le passeggiate al Campo di Marte
filmleo

Reg.: 13 Mar 2005
Messaggi: 41
Da: roma (RM)
Inviato: 17-03-2005 15:54  
Robert Guédiguian ("regista comunista" come lui ama definirsi) è da sempre uno dei miei preferiti. Ho visto quasi tutti i suoi film (da "Marius e Jeannette" a "La ville est tranquille" del 1999, da "A l’attaque!" del 2002 a "Marie-Jo e i suoi due amori" del 2004) e li ho trovati uno migliore dell’altro. Tutti film ambientati a Marsiglia e narranti storie degli operai del posto ("Quello è il mondo che mi emoziona, per cui lavoro -ha dichiarato recentemente il regista- Quel mondo poi mi ha permesso di studiare all'università e quindi mi sono sempre sentito responsabile. Farò sempre film sugli oppressi, i poveri, i deboli, le vittime. Credo che questo sia il compito degli intellettuali e degli artisti")
Circondato dai suoi stupendi "attori-feticcio" (gli stessi in tutti i film) ha sempre descritto drammaticamente la vita reale com’è o ironicamente come vorrebbe che fosse.

Con "Le passeggiate al Campo di Marte" troviamo un Guédiguian completamente diverso: gli attori-feticcio non ci sono, non c’è Marsiglia, non ci sono i portuali né gli operai, non c’è l’analisi della quotidianità di tutti noi. Ispirandosi al libro "L’ultimo Mitterand" (il cui autore, Georges-Marc Benamou, ebbe frequenti conversazioni col Presidente negli ultimi mesi della sua vita), il regista francese, con un andamento quasi teatrale, non ci offre un documentario né tantomeno una pagina storica. L’impressione è che voglia farci riflettere sulla decadenza e la vecchiaia di un uomo che deve affrontare la paura della morte, lo sgretolamento fisico, gli interrogativi spirituali : il trapasso definitivo di un uomo dal carisma eccezionale da una fase all’altra e sullo sfondo il trapasso della politica da una fase all’altra (non più passione e fede in un futuro diverso, non più preminenza della politica ma predominio dell’economia: " Seguirà l'era della globalizzazione, comanderà il denaro... Tutto diventerà un gran mercato" si dice nel film). Abbiamo così il ritratto, lucido asciutto essenziale scarno, di un uomo che ha incarnato, nel bene e nel male, il Potere ma questo non lo proteggerà dalla malattia, dal dolore, dalla morte. Il tutto è inframmezzato dalle vicende personali del giornalista che lo intervista (la crisi con la moglie, il nuovo legame amoroso, la paranoia di essere controllato, l’amore-odio nei confronti dell’intervistato) ma questa parte non è approfondita (volutamente secondo me): rimane sullo sfondo, un evidente stratagemma per "alleggerire". I riflettori sono puntati sul Presidente, a lui deve andare la nostra attenzione.

Il film è estremamente interessante, anche se non facile. Grande prova di regia, grandissima prova d’attore. Michel Bouquet ci regala una performance magistrale che ti porterebbe ad applaudirlo a ogni scena. Assieme al Paolo Sorrentino de "Le conseguenze dell’amore" e al Javier Bardem di "Mare dentro" è sua la migliore interpretazione di questa stagione (e non solo).


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