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Autore Le Samourai - J.P. Melville
Auguste

Reg.: 02 Apr 2010
Messaggi: 48
Da: Torre del Greco (NA)
Inviato: 21-10-2010 09:11  
Siccome non mi sembra di aver trovato alcun topic dedicato a questo film, ne apro uno io.
Non mi soffermerò(per il momento)a motivare più di tanto le mie ragioni, limitandomi a dire che per me è un capolavoro assoluto del cinema, uno dei migliori film mai visti.
Dite la vostra!

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Moreschi


Reg.: 14 Gen 2006
Messaggi: 2038
Da: Milano (MI)
Inviato: 21-10-2010 21:43  
E' il film che ha fatto da spartiacque nella mia maniera di desiderare e di valutare il cinema.
Di una precisione chirurgica, esiziale. Totalmente antispettacolare e impressionante nella descrizione degli avvenimenti, MAI messi in discussione , MAI giudicati, nemmeno esaltati, ma sempre descritti in uno schema di apprezzabile semplicità.
E' il film che mi è rimasto dentro più di ogni altro, pur con la sua freddezza glaciale e la sua rigida frigidità , forse per la messa in scena di un nichilismo e di un senso di morte che mi ha sempre affascinato; Persino i riferimenti allo 'stoicismo' dei samurai è più suggerito che ostentato, nonostante la frase d' apertura (che peraltro credo sia invenzione dello stesso Melville).
Inoltre io credo che la sua riuscita sia dovuta soprattutto all' austerità estetica che accompagna il contenuto con grande coerenza : cura dettagliata dei particolari, gestualità che rimanda ad un rito ( orologio a destra girato - un Baume Mercier http://www.fabricegueroux.com/Le-Samourai-Alain-Delon-porte-une-Baume-Mercier_a209.html , trench, borsalino) vestiti rigorosamente classici nella loro sobria eleganza, sigarette in grande quantità, stile,interpretazioni, ritmo , vita e morte tutto rigorosamente sotto le righe,testi scarni, rari dialoghi e di poche parole, fotografia del grandissimo H.Decae in colori notturni "sbiaditi" per una Parigi che sembra sospesa in un mondo tutto suo.Un alone di sacralità,come una messa, quasi ascetico.
E serve soprattutto agli ammiratori di A.Delon per rispondere ai detrattori che non lo hanno mai voluto considerare nemmeno un buon attore. Qui è semplicemente inarrivabile.
Con IL MESTIERE DELLE ARMI è al momento uno dei pochi film (magari ci metto IL GRANDE INQUISITORE e IL SERVO, poi altri che al momento non saprei nominare) a cui attribuisco un connotato di perfezione.

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“Tutti i miei film possono essere pensati in bianco e nero, eccetto Sussurri e grida ... ho sempre immaginato il rosso come l'interno dell'anima” (I. Bergman).

[ Questo messaggio è stato modificato da: Moreschi il 22-10-2010 alle 00:43 ]

[ Questo messaggio è stato modificato da: Moreschi il 22-10-2010 alle 00:48 ]

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Auguste

Reg.: 02 Apr 2010
Messaggi: 48
Da: Torre del Greco (NA)
Inviato: 22-10-2010 11:46  
"Le Samourai" è il film che più si avvicina alla mia idea di perfezione, formale ed estetica.
Non ho mai visto un film così sobrio, essenziale e rigorosamente "rituale", di un'eleganza stilistica ineffabile, privo di ogni inutile abbellimento e scarno di ogni elemento inutilmente psicologizzante.
Nella sua essenzialità ha comunque qualcosa di magnetico, per cui non posso che condividere l'opinione di Moreschi.
La dignità del "samurai" lo porterà a seguire scrupolosamente - quasi come un rito - ogni sua azione in maniera maniacalmente metodica(lo stesso Melville parlò di "schizofrenia" del personaggio di Costello) e la sua solitudine è qualcosa di inesprimibile, proprio come quella di una tigre(da notare che la falsa citazione del Bushido non compare nella versione italiana, in cui tra l'altro il nome del protagonista è cambiato da Jeff Costello - omaggio al cinema americano e al film "Le catene della colpa" - a Frank Costello).
Il ritratto della solitudine di questo samurai non può che essere segnato dal minimalismo della sua stessa stanza, dove regna il silenzio... silenzio disturbato dal cinguettio degli uccellini, unici suoi compagni, anch'essi ingabbiati, costretti, come alla fine si troverà lo stesso Costello, unico personaggio coerente al proprio codice d'onore, fino alla fine.
La sua solitudine è anche la solitudine dell'uomo contemporaneo, intrappolato e incompreso, destinato ad una morte inevitabile, di cui può però rendersi artefici per restare fedele a se stesso e nobilitare la propria intera esistenza.
Capolavoro assoluto. Voto: 10 cum laude.

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Auguste

Reg.: 02 Apr 2010
Messaggi: 48
Da: Torre del Greco (NA)
Inviato: 24-11-2010 15:10  
Nessuno lo ha visto?

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Moreschi


Reg.: 14 Gen 2006
Messaggi: 2038
Da: Milano (MI)
Inviato: 24-11-2010 22:37  
L' hanno visto, l' hanno visto.
Ma che dire in fondo più di quanto non abbiamo già scritto ? O dissentire completamente, e buttare giù qualche riga, o desistere per evitare di scrivere "strepitoso" , "perfetto", "unico".
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“Tutti i miei film possono essere pensati in bianco e nero, eccetto Sussurri e grida ... ho sempre immaginato il rosso come l'interno dell'anima” (I. Bergman).

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Auguste

Reg.: 02 Apr 2010
Messaggi: 48
Da: Torre del Greco (NA)
Inviato: 26-11-2010 09:27  
Già, purtroppo credo nessuno risponderà al topic!
Di mio dico soltanto che non ho mai visto niente del genere, si tratta sicuramente del film che più si avvicina all'idea di perfezione che ho: è un film essenziale, minimalista ed espressivo in questa sua rappresentazione del grigiore dell'esistenza quasi camusiana del "samurai".
La riduzione ai minimi termini dei dialoghi e la rappresentazione quasi rituale dell'azione conferisce al film un alone di mistero inesplicabile senza aver visto il film, rendendo il personaggio e le sue motivazioni oscure, ignote, così come ignoto è il suo codice morale.
Ad una prima visione si potrebbe pensare ad una sorta di codice morale del killer/samurai, ma ci si domanda se è davvero così. Jeff Costello - questo il nome originale - chi è? Cosa lo spinge ad agire seguendo una così precisa routine? E quella sua volontà di autodistruzione?
Io credo che molte risposte le si trovano a partire dalla sequenza iniziale, quella con lui che fuma nella stanza sui titoli di testa.
I primi dieci minuti, quelli che in genere introducono ed esplicano il tono del film, contengono forse il senso ultimo del film, quello della rappresentazione "asettica", a-morale(cioè priva di morale, intesa come giudizio dell'azione da parte del regista o dei personaggi che ne incarnano dialetticamente le rispettive parti)della storia e che ci guidano verso la (non)comprensione del personaggio.
Tutta un serie di gesti, quasi una sorta di rituale svolto silenziosamente, con un'aura di estrema sacralità. Che sia il modus agendi di uno schizofrenico - come ha acutamente osservato Melville - o di un samurai che prende molto seriamente il suo codice d'onore, poco importa, in fondo.
Jeff Costello è innanzitutto un killer professionista.
La frase che riassume il senso del film e che forse ci dice qualcosa in più sul carattere di Costello la dice lui stesso al killer inviato per ucciderlo:
Killer: "Non dici niente?"
Costello: "Non con una pistola puntata."
Killer: "E' una regola?"
Costello: "Un'abitudine".
Io credo che in questo dialogo, apparenemente scarno come gli altri dialoghi del film, si possa riassumere la personalità di Jeff.... ma in fondo non è da "Citizen Kane" in poi che abbiamo imparato la lezione(almeno i grandi cineasti)dell'impossibilità di ridurre una personalità ad una semplice parola? Melville questo lo sa e benché definisca il suo anti-eroe uno schizofrenico, disseminando tra l'altro nel film tracce del suo disagio esistenziale, forse frutto di un suo scompenso interiore, si guarda bene dal dare facili risposte, lasciando enigmatico il protagonista, le sue motivazioni ed il suo passato.
Potrebbe essere il racconto della corsa di un Uomo verso il proprio Destino, di cui è emblema non tanto la bionda sua amante(che sarebbe un ottimo stereotipo dei film noir), ma la nera pianista, femme fatale di cui forse il protagonista si innamora.
Gli ultimi dieci minuti del film, rivendendoli, rigettano lo spettatore nel panico dell'incomprensibilità. Non arriviamo a comprendere nessuna delle azioni che Jeff esegue negli ultimi minuti dell'azione, come tornare nel club, indossare i suoi guanti da killer e...
Difficile è allora tracciare un profilo psicologico, né credo Melville fosse interessato a fare della psicologia.
La sua è una drastica rappresentazione della solitudine umana: l'uomo è ingabbiato come gli uccellini che Jeff tiene nella sua stanza spoglia(per comprendere cosa intendo dire, basta fare caso all'assenza di elementi futili nell'arredamento della sua casa: tutto corrisponde in maniera ossessiva ad una, forse maniacale, volontà di controllo da parte del protagonista)e che saranno liberati solo dalla morte.
L'uomo è destinato alla morte, l'unica cosa degna che gli resta da fare è scegliere come morire.
Per quanto mi riguarda, sotto ogni punto di vista(compresa l'ottima recitazione di Delon in questo ruolo), è un capolavoro assoluto, mai troppo esaltato. Se non il mio film preferito, di sicuro tra i primi cinque.
_________________
"In una sala di specchi non c'è modo di voltare le spalle a se stessi"(H.M.)

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